Il Miracolo di madre Speranza avvenuto a Monza

Di Madre Speranza e l’Amore Misericordioso del Signore

Miracolo a Monza : Questa è la storia di un bimbo nato a Monza il 2 Luglio 1998. Il piccolino si chiama Francesco Maria, che dopo soli quaranta giorni, sviluppa un’intolleranza al latte, che pian piano si estende a tutti gli altri cibi. Iniziano numerosi ricoveri ospedalieri, dolori e sofferenze. E il calvario dei genitori. Fino al giorno in cui per caso, la madre, sente parlare alla televisione del santuario dell’Amore Misericordioso di madre Speranza, a Collevalenza, dove si dice che sgorghino delle acque dalle grandi proprietà taumaturgiche . Quell’episodio, è l’inizio di una serie di circostanze, che porteranno Francesco Maria al miracolo della guarigione; miracolo che, riconosciuto dalla chiesa, consentirà la beatificazione di madre Speranza di Gesù, al secolo Marìa Josefa Alhama Valera (1893 – 1983). L’iter della causa si è infatti concluso con il decreto della beatificazione, firmato con il consenso di Papa Francesco lo scorso 5 Luglio 2013, e si attende solo una conferma per la data della cerimonia. Dalla gratitudine per l’accaduto, i genitori di Franceso Maria, hanno dato vita a una casa famiglia per bambini in affido. Ecco i fatti di questo miracolo, dall’intervista che ha fatto il mensile “Medjugorie, la presenza di Maria” alla mamma di Francesco Maria, la signora Elena.
Signora Elena, ci può raccontare come è iniziata questa vicenda?
Abitavamo vicino a Vigevano, ma il mio ginecologo era di Monza e poichè ci piaceva molto l’ospedale cittadino, lo abbiamo scelto per il parto. Quando Francesco Maria è nato abbiamo iniziato ad alimentarlo con il latte artificiale, ma iniziò presto ad avere problemi di inappetenza e di intolleranza al latte. Iniziava in generale a avere problemi per quanto riguarda l’alimentazione. Non riusciva a digerire… allora abbiamo cambiato vari tipi di latte , prima animali, poi vegetali, poi chimici… Ma questi disturbi diventavano sempre più gravi e mio figlio cominciò a collezionare un certo numero di accessi al pronto soccorso. Intorno ai quattro mesi di vita questa difficoltà ad assumere nutrienti si estende anche agli altri cibi tipici dell’alimentazione all’età dello svezzamento.
Era una patologia conosciuta?
Era conosciuta nel senso che le intolleranze alimentari sono una possibilità nota. Bambini che non possono assumere il latte, ce ne sono sempre stati, ma normalmente, l’intolleranza è limitata a un alimento, per cui si sostituisce quello, si fa fatica, però poi le cose si risolvono. Invece Francesco, alla fine, non riusciva a mangiare nemmeno la carne, il pollo, il pesce… Si fa prima a dire che cosa potesse mangiare.
Che cosa riusciva ad assumere?
Alla fine dell’anno beveva del Thè e mangiava un preparato che faceva mia mamma con della farina particolare e dello zucchero una volta alla settimana poi, gli davamo dell’omogeneizzato di coniglio: non perchè lo digerisse bene, ma perchè gli faceva meno male degli altri cibi.
Come avete vissuto questo problema? Immaginiamo con preoccupazione, dolore…
La parola corretta è angoscia. Eravamo molto preoccupati per la salute del bambino, e anche per la sua stanchezza fisica, perchè piangeva, aveva le coliche. E poi c’era anche la nostra, di stanchezza… Lui soprattutto esprimeva la sua piangendo. A un anno circa Francesco pesava intorno a sei, sette chili. Mangiava appunto pochi cibi. Non avevamo molte speranze, quando, un giorno, proprio la settimana prima che francesco compisse un anno, sentii parlare di madre Speranza in un programma televisivo, il televisore era in soggiorno e io in cucina. La prima perte della trasmissione non aveva catturato molto la mia attenzione, ma nella seconda parte, si diceva che madre Speranza aveva costruito questo santuario dove c’era un acqua che guariva malattie che la scienza non riusciva a curare…
Era una trasmissione pomeridiana?
Si, trasmettevano su canale cinque, Verissimo. Era tardo pomeriggio, le cinque e mezza, la conduttrice aveva parlato di madre Speranza. Poi avevano mostrato le piscine con l’acqua.
Quindi voi non sapevate nulla di Madre Speranza di Gesù…
No, ho chiamato mio marito e gli ho detto: “Maurizio, ho sentito parlare di questo santuario e, vista la situazione di nostro figlio, sento che dobbiamo andarci”. Lui mi chiese se avevo capito bene dove si trovasse, e io gli risposi di no. Allora, mi disse di telefonare a sua madre, perché lo zio di mio marito è sacerdote e poteva sapere dove fosse questo santuario. Così telefonai direttamente allo zio, ma non lo trovai. Allora chiesi a mia suocera se lei sapesse qualcosa, e lei mi disse con precisione che il santuario si trovava a Collevalenza, vicino a Todi, in Umbria. Le chiesi allora come mai non ci avesse mai detto niente; e lei mi rispose che era venuta a saperlo soltanto il giorno prima, perché lo zio, don Giuseppe, si trovava proprio lì per gli esercizi spirituali. Lo zio di mio marito fa parte del movimento sacerdotale mariano fondato da don Stefano Gobbi, che inizialmente teneva gli esercizi spirituali una volta all’anno a San Marino. Poi, essendo cresciuti di numero, avevano cercato un luogo più grande, e scelsero appunto Collevalenza. Quell’anno era la prima volta che vi andavano, e quindi, lo zio di mio marito aveva avvisato che si sarebbe trovato in questo santuario.
Prima di questo episodio vivevate già un’esperienza di fede?
Abbiamo sempre cercato di vivere la fede, ma la mia storia personale è particolare, perché i miei genitori non erano cattolici. Ho incontrato la fede tardi e dopo qualche anno che ho iniziato questo cammino di conversione è nato Francesco Maria.
Torniamo a suo figlio. Lei dunque voleva andare da madre Speranza…
Volevo assolutamente andarci. Era una situazione particolare: non sapevo il perché, ma sentivo di doverlo fare. Il bambino compiva un anno il due Luglio, tutto questo era successo il 24 e 25 Giugno, proprio i giorni dell’apparizione a Medjugorie. Il 28 iniziammo a far bere a Francesco l’acqua di madre Speranza.
Che cosa era successo esattamente?
Tornando da Collevalenza, zio Giuseppe aveva portato alcune bottiglie di quest’acqua, bottiglie da un litro e mezzo, e ci disse che le suore avevano raccomandato di pregare la novena all’amore Misericordioso. Quindi prima di dare a Francesco l’acqua da bere recitavamo questa novena che è stata scritta da madre Speranza.. Iniziammo tutti a pregare per la guarigione di Francesco, anche perché erano tre giorni che era proprio a digiuno. Non mangiava niente e la situazione era peggiorata.
Eravate in ospedale?
No eravamo a casa. I medici ci avevano detto che ormai eravamo arrivati a un punto in cui non sarebbe stato possibile un miglioramento. Eravamo in preda all’ansia, perché la situazione poteva precipitare; quindi cominciammo a dare l’acqua a Francesco nella speranza di vederlo rifiorire. In realtà è stata la settimana dove abbiamo lasciato che il Signore potesse fare la Sua volontà. Quello che umanamente potevamo fare, ci dicemmo, lo avevamo fatto. Si poteva fare altro? Chiedevamo al Signore di illuminarci… Eravamo proprio stanchi, perché era un anno che non dormivamo.
Accadde qualcosa in quella settimana?
Un giorno feci un giro per il paese insieme a Francesco; andammo al parco, con gli altri bambini i giochi… Mentre mi avvicinavo al parco, fui catturata dalla figura di un uomo seduto su una panchina e mi sedetti vicino a lui. Iniziammo a conversare. Quella conversazione l’ho poi trascritta e, quando devo raccontarla, di solito la leggo, per non confondermi… (la signora Elena, a questo punto, estrae dei fogli da cui inizia a leggere): Mercoledì 30 Giugno decisi di andare con Francesco a fare una passeggiata al parco del paese dove abitavamo e mi sedetti su una panchina. Vicino a me era seduto un signore di mezza età, di bella presenza, molto distinto. Quello che di questa persona mi colpiva in modo speciale erano gli occhi, di un colore indescrivibile, azzurro chiarissimo, che istintivamente mi fece pensare all’acqua. Scambiammo i primi convenevoli: che bel bambino quanti anni ha?.. A un certo punto mi chiese se potesse prendere in braccio Francesco Maria. Acconsentìì, sebbene fino ad allora non avessi mai permesso una simile confidenza ad alcun estraneo. Quando lo prese, lo guardò con molta tenerezza e disse: “Francesco, sei proprio un bel bambino”. Lì per lì mi chiesi come facesse a sapere il suo nome e mi dissi che, probabilmente, lo aveva sentito pronunciare da me. Continuò: “Ma questo bambino è affidato alla Madonna vero?; risposi “si certo che lo è”, e gli chiesi come facesse a sapere queste cose e se ci conoscessimo. Mi guardò e sorrise senza rispondere, poi aggiunse: “perché è preoccupata?”. Replicai che non ero preoccupata. Osservandomi ancora, si rivolse a me dandomi del tu: “si che sei preoccupata, dimmi perché…” Allora gli confidai tutti i miei timori per Francesco. “il bambino prende qualcosa?”. Gli risposi che non prendeva nulla. “Ma voi siete stati da madre Speranza, vero?”. Gli dissi di no, che non c’eravamo mai stati. “Ma si che ci siete stati a Collevalenza”. “No, guardi, le posso assicurare che non siamo mai stati da madre Speranza”. E lui mi disse, in maniera ferma e decisa: “Francesco sì”. Io di nuovo ribattei di no; lui mi guardò, e di nuovo: “Si, Francesco si”. Poi per la seconda volta mi chiese: “Ma Francesco prende qualcosa?”. Io risposi di no, ma ripensandoci subito ammisi: “Si, guardi, sta bevendo l’acqua di madre Speranza”. Lo pregai di dirmi il suo nome, chi fosse, come potesse sapere tutte queste cose su di noi, ma la sua risposta fu: “Perché mi fai tante domande? Non pensare a chi sono, non ha alcuna importanza”. E poi aggiunse: “Non è più il caso di preoccuparsi, perché Francesco a trovato la sua mamma”. Lo guardai stupita e quindi replicai: “Scusi, guardi che la sua mamma sono io..” e lui ribadì: “Si, ma l’altra mamma”. Ero frastornata e confusa, non capivo più niente. Educatamente gli dissi che dovevo andare via e lui disse: “Domenica fate una grande festa verò?”. “Si, risposi, veramente domenica facciamo una piccola festicciola per il compleanno di Francesco”. “No, riprese lui, fate una grande festa. Non per il compleanno, ma perché Francesco è guarito”. Pensai “guarito?”. Ero molto agitata, i pensieri mi si affollarono nella mente. Ancora una volta gli chiesi: “Per favore chi è lei?. Mi guardò con tenerezza, ma molto serio, e disse: “Basta chiedermi chi sono”. Insistetti :”ma come guarito?”. Ed egli: “Si, guarito, stai tranquilla. Francesco è guarito”. In quel momento capii che mi stava succedendo qualcosa di straordinario, i pensieri erano mille, le sensazioni anche. Ma li per li ebbi paura, lo guardai e, giustificandomi gli dissi: “Guardi, adesso devo proprio andare via”. Presi Francesco, lo misi nel passeggino; vidi lui che con la mano salutava il piccolo, mi diede come una carezza sul braccio e mi esortò: “Mi raccomando, andate da madre Speranza”. Io risposi: “Certo che andremo”. Si chinò verso Francesco, con la mano gli fece ciao il bambino gli rispose con la manina. Si alzò mi guardò dritto negli occhi e mi disse ancora: “Mi raccomando, presto da madre speranza”. Lo salutai e mi avviai verso casa, letteralmente scappando. Mi girai per guardarlo. Si era riseduto sulla panchina e rivolto verso di me mi guardò e mi sorrise come per dire “Va tutto bene”.
E’ una storia molto particolare…
E’ quanto è accaduto in quel parco, quando ho incontrato quella persona…
A questo punto Francesco stava già bevendo l’acqua di Collevalenza.
Si, aveva iniziato lunedì mattina . Io feci il giro dell’isolato piangendo, perché di tutto quello che mi aveva detto quella persona la cosa che mi aveva colpito di più era che Francesco avesse trovato la sua mamma. Mi dicevo: “Vuol dire che Francesco deve morire? Oppure chi è questa mamma?”. Facevo il giro dell’isolato e pensavo che probabilmente era stata la stanchezza, il dolore per mio figlio, che stavo impazzendo, che avevo immaginato tutto… Tornai al parco; c’erano delle persone, ma quell’uomo non c’era più. Mi fermai a parlare con le persone presenti e chiesi loro se lo conoscessero, se lo avessero mai visto. E un signore mi rispose: “Certo che l’abbiamo vista parlare con quella persona, ma non è del posto, perché una persona talmente bella l’avremmo certamente riconosciuta”.
Quanti anni aveva?
Non saprei. Non era giovane, ma non so dirle l’età. Non mi sono soffermata sull’aspetto fisico. Posso dire che ero rimasta veramente impressionata dai suoi occhi. Non riuscivo a guardarlo a lungo, perché avevo l’impressione che riuscisse a vedere nel mio intimo. Mi dicevo: “Mamma mia, che profondità”. Tornai a casa e telefonai piangendo a mio marito, che è medico. Lui era in studio e mi disse: “Ora ho dei pazienti, dammi il tempo di concludere e torno subito a casa. Nel frattempo telefona a mia mamma così lei viene subito prima che arrivi io”. Telefonai a mia suocera e cominciai a raccontarle ciò che era accaduto. Ebbe l’impressione che fossi impazzita, che per il dolore, la stanchezza, fossi andata fuori di testa. Le dissi: “Francesco è guarito, ma io voglio capire chi è questa mamma”. Lei mi rispose: “Probabilmente a questa domanda riesco a rispondere”. Le chiesi subito che cosa intendesse dire. E lei mi raccontò quello che segue…
Ci racconti…
Mentre era a Collevalenza, zio Giuseppe aveva pregato per Francesco Maria. Il giorno di sabato, si stava preparando a tornare a casa, ma, arrivato d’avanti al cancello d’uscita della casa del pellegrino, aveva sentito di dover ritornare sulla tomba di madre Speranza. Rientrò così al santuario, andò sulla tomba e pregando disse: “Ti prego di prenderlo come figlio, adottalo. Se è volontà del Signore che lui debba lasciarci, aiutaci a superare questo momento. Se invece tu puoi intervenire, dacci questa possibilità”. Mia suocera concluse dicendo che, probabilmente, quello che era successo era la risposta a ciò che noi tutti e lo zio avevamo chiesta pregando.
Intanto dovevate festeggiare il compleanno di Francesco Maria giusto?
Si, la domenica preparammo la nostra piccola festa, e vennero i nostri amici, i nonni, gli zii, tutti quanti. C’era tutto quello che Francesco non poteva mangiare, ma non trovavamo la forza di dargli qualcosa che sapevamo potesse fargli male. Non ci riuscivamo… Solo due mesi prima era accaduto che trovasse per terra un pezzettino di fetta biscottata, l’aveva messa in bocca e venti minuti dopo era entrato in coma. Quindi il solo pensare di dargli da mangiare quello che era sulla tavola era impensabile. Lo zio allora, ci prese in disparte e ci disse che era arrivato il momento di mostrare la nostra fede. Ci disse che il Signore fa la Sua parte, ma che anche noi dobbiamo fare la nostra. Non facemmo neanche in tempo a dire “va bene”, che mia suocera prese in braccio il bambino e lo avvicinò alla torta. Francesco ci mise dentro le manine e le portò alla bocca…
E voi? Che cosa faceste?
Il nostro cuore sembrava impazzire. Però a un certo punto, ci siamo detti: “Sarà quel che sarà”. Francesco mangiò le pizzette, i salatini, i pasticcini… E man mano che mangiava stava bene! Non aveva nessuna reazione. Ci stavamo fidando di quello che il Signore ci aveva detto tramite quella persona. Conclusa la festa, mettemmo Francesco a dormire e lui, per la prima volta in un anno, dormì tutta la notte. Quando si svegliò per prima cosa ci chiese il latte, perché aveva fame… Da quel giorno Francesco ha cominciato a bere un litro di latte al giorno e mezzo chilo di yogurt. Quel giorno ci siamo resi conto che qualcosa era davvero accaduto. E da allora è sempre stato bene. Nella settimana successiva al suo compleanno cominciò anche a camminare.
Avete eseguito subito degli accertamenti?
Due settimane dopo la festa di Francesco doveva già essere sottoposto a visita di controllo. Quando il medico mi vide, era convinto che Francesco non ci fosse più, perché la situazione era grave. Mi venne incontro e mi abbracciò, dicendomi che gli dispiaceva. Al che gli dissi: “No, guardi, le cose non sono andate esattamente come pensavamo noi”. Quando vide Francesco arrivare, disse che era veramente un miracolo. Da allora mio figlio è stato sempre bene, adesso ha quindici anni.
Siete infine andati da madre Speranza?
Il 3 Agosto andammo a Collevalenza, per ringraziare madre Speranza, senza farne parola ad alcuno. Nostro zio, don Giuseppe, telefonò però al santuario dicendo che avevamo ricevuto questa grazia per la guarigione di Francesco. E da lì è partito l’iter per il riconoscimento del miracolo all’interno della causa di beatificazione di madre Speranza. Inizialmente avevamo delle reticenze, ma dopo un anno abbiamo dato la nostra disponibilità.
Col tempo immaginiamo che il legame con madre Speranza si sia rafforzato…
E’ la nostra vita… il legame con l’Amore Misericordioso è diventato la nostra vita. All’inizio non conoscevamo nulla né di madre Speranza ne della spiritualità di cui lei è stata promotrice. Ma quando abbiamo cominciato a comprenderla ci siamo resi conto che, al di la della guarigione di Francesco e quindi della riconoscenza che abbiamo nei confronti di madre Speranza, la nostra vita rispecchia quella che è la spiritualità dell’Amore Misericordioso, che è davvero la nostra vocazione. Dopo la guarigione di Francesco ci siamo interrogati su che cosa potessimo fare per rispondere a questa grazia. Abbiamo chiesto al Signore di farci capire quale potesse essere la nostra vocazione. In quel periodo abbiamo cominciato a interessarci e ad approfondire le problematiche dell’affido familiare. E dopo un percorso di preparazione abbiamo dato la nostra disponibilità ad accogliere i primi bambini. Quattro anni fa abbiamo conosciuto l’associazione di ispirazione cattolica “Amici dei bambini”. Si occupa prevalentemente di adozione in tutto il mondo, ma da circa dieci anni si è aperta anche all’affido familiare. Così abbiamo concepito insieme l’idea di aprire una casa famiglia dove dare la possibilità a più bambini di essere accolti in una famiglia, la nostra, per il periodo del distacco dal nucleo familiare di origine. Abbiamo così aperto da tre mesi la nostra casa famiglia: la “Casa famiglia Speranza”.